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UN PO' DI STORIA
 

            "Il piede umano è un'opera d'arte e un
                     capolavoro di ingegneria"
                    Michelangelo Buonarroti

Le origini della Riflessologia affondano le radici nella notte dei tempi.
Si può ragionevolmente credere, infatti, che, fin dagli inizi, l'uomo si sia istintivamente

massaggiato dove avvertiva dolore.   Un po' come facciamo noi ancora oggi.
Le più antiche testimonianze dell'uso del massaggio riflesso risalgono, all'antiche civiltà Egizia e Cinese.

Ma anche negli antichi testi indiani dei Veda, 4000 a.C., si legge che i medici osservavano accuratamente

le mani degli ammalati, per arrivare a una diagnosi.
In Egitto, nella “tomba del medico” (Ankmahor) nella necropoli di Saqqara, del 2330 a.C., è rinvenuta la rappresentazione di un massaggio della mano e del piede da parte dello schiavo al faraone, dimostrazione

di come si ricorresse a questa pratica per scopi terapeutici.

Probabilmente a Saqqara esisteva una scuola medica, di cui faceva parte un architetto e medico

geniale, Imhotep, che venne incaricato da Zoser, sovrano della terza Dinastia egizia, a costruire un grande 

edificio funebre al centro della necropoli, la "piramide di Zoser", grande piramide a gradoni.

Imhotep fu talmente grande nella sua arte medica che, duemila anni dopo, i greci lo divinizzarono

come Asclepio o Esculapio e da lui nacque una scuola medica in cui si formò anche Ippocrate,

definito  il padre della medicina.

In Cina, alcuni medici fanno risalire le pratiche riflessogene al regno dell'Imperatore

Huang Ti (2704-2596 a.C.) e al suo libro “Il compendio di medicina dell'imperatore”,

che pare contenga “Il metodo di osservazione del piede”.

Fu il dott. Henry Bond Bressler ( medico di Vienna presso cui studiò William Fitzgerald)  che,

appassionato di storia della medicina, compì ricerche sistematiche sulla Riflessologia e

grazie al quale sappiamo che, in Italia, nel 1500, Benvenuto Cellini, artista fiorentino,

curava i propri reumatismi con forti pressioni sui piedi e sulle mani,

mentre il primo testo in Europa riguardo la Riflessologia può essere considerato

quello di due medici, Adamus e A'tatis, nel 1582, in cui si descrivono metodi molto

simili alla Riflessologia.
In Inghilterra nel 1890 Henry Head, medico e ricercatore, scoprì che alcune zone del derma reagivano

ad una pressione, se un organo collegato ad esse da terminazioni nervose non funzionava adeguatamente.

Ciò accade perchè l'organo e l'area cutanea interessata sono innervati da terminazioni nervose

che escono dal medesimo segmento midollare.

Il modello di collegamento tra midollo e cute divenne noto come “Zone di Head”.
Anche in America si sono trovate tracce di riflessologia plantare : è noto, infatti, che varie civiltà

antiche, come quelle degl'Incas, dei Maya o le tribù indigene, come gli indiani Cherokee,

conoscessero l'importanza dei piedi per il mantenimento del benessere fisico, mentale e

spirituale dell'individuo.

Si sa anche che il 21° Presidente, Garfield, nel 1800 curò i propri dolori causati

dalle ferite in battaglia, con pressioni alle mani e ai piedi.
Ma fu nel 1900 che la Riflessologia venne rivalutata in tutto l'Occidente, grazie a

William Fitzgerald (1872-1942), otorinolaringoiatra di Middletown, che lavorò anche a Londra e Vienna

dove frequentò anche l'Istituto di Studi Orientali, in cui apprese antichi metodi di digitopressione.
Fitzgerald è considerato il padre della Riflessologia in Occidente.

Sperimentando che, applicando forti pressioni ad alcune zone delle mani e dei piedi, riusciva a

praticare piccoli interventi alla gola e al naso, suddivise il corpo in 10 zone longitudinali che

lo percorrono dai piedi alla testa e che connettono tra loro organi e apparati presenti su ciascuna.

Era così possibile trattare disfunzioni e problemi presente su ciascuna zona con pressioni sulle dita.

Nacquero così la Teoria Zonale e il metodo curativo che prende lo stesso nome, Terapia Zonale.

Questo metodo, come già le Zone di Head, ha un'evidente similitudine con i Meridiani cinesi o

le Nadi indiane o i Sen Thailandesi, canali corporei sottili e immaginari in cui scorre l'energia vitale di

ciascuno di noi (il Chi cinese e il Prana indiano) e che è possibile riequilibrare attraverso il massaggio.
Nel 1917 Fitzgerald, insieme al suo collega Edwin Bowers, scrisse il libro “Zone Therapy”,

in cui descrisse il suo metodo e come curò con esso casi di alterazione della vista

e dell'udito con massaggi riflessi alle dita delle mani.
Per Bowers e Fitzgerald era più comodo il trattamento delle dita delle mani, più grandi di

quelle dei piedi e su cui potevano agire con maggior precisione sui punti della testa e della gola,

ma questo fu anche un po' il limite del loro metodo.
Metodo che, come si può immaginare (la storia si ripete sempre), fu osteggiato dalla

comunità scientifica dell'epoca, ma che, invece, attirò l'attenzione del dottor Joseph Riley,

che lo apprese e lo praticò, insieme alla moglie Elisabeth, nel proprio ambulatorio.

Riley raffinò la tecnica, ridusse a 8 le Zone corporee longitudinali e pubblicò diversi libri sull'argomento.
Si deve però a Eunice Ingham (1889-1974), una fisioterapista sua collaboratrice,

la maternità della moderna Riflessologia del piede e della mano.

Fu lei che, nei primi anni '30, cominciò ad esplorare i piedi e le mani, a identificare una vera e

propria mappa  dei punti riflessi secondo l'anatomia del corpo umano e

a sviluppare la sua teoria sulla Riflessoterapia Plantare che pubblicò nel suo libro,

"Storie di piedi che la riflessologia può raccontare", del 1938, in cui descrisse i casi da lei

trattati e mappò le aree riflesse come le conosciamo oggi.
Allieve della Ingham furono la tedesca Hanne Marquardt e l'inglese Doreen Bayly, che

introdussero la tecnica in Europa negli anni '60, arricchendo il metodo della stessa Ingham.

In particolare la Marquardt introdusse stabilmente la suddivisione del piede in 4 zone

corrispondenti alla struttura corporea e individuabili dalla conformazione ossea del piede.
Contemporaneamente a Fitzgerald, anche in Italia, nel 1908, vi era un gruppo di ricercatori che

seguivano lo studio della sensibilità cutanea.

In particolare Giuseppe Calligaris (!876- 1944), docente di Neuropatologia all'Università di Roma,

scoprì il complesso sistema dei riflessi psico-cerebro-viscero-cutanei.

Sostenne, cioè, che il corpo umano è percorso da 10 linee longitudinali, trasversali e oblique,

le catene lineari del corpo e dello spirito - che si ripetono come in un frattale

(forma geometrica che si ripete all'infinito, sempre con la stessa forma, ma rimpicciolita) ,

attraverso le quali è possibile accedere ad una memoria di cui è dotato il nostro corpo, che,

in qualche modo, registra il vissuto e le nostre emozioni e di cui la pelle è un vero e proprio specchio.

La stimolazione di una particolare linea induceva, infatti, un riflesso sensibile ad un organo,

ad una parte del sistema nervoso ed evocava un'emozione o un particolare stato d'animo.

Nacque la Riflessologia frattale, a cui Calligaris dedicò tutta la sua vita, nonostante il doloroso

isolamento da parte del mondo accademico del tempo, anche se due suoi testi

sul Sistema Nervoso Extrapiramidale furono per anni libri di testo all'Università.
In Italia la Riflessologia Plantare venne diffusa negli anni '70 dal lavoro di

Elipio Zamboni ed Erasmo Buzzacchi,

entrambi allievi della Marquardt, e da Marco Lo Russo, allievo della Bayly.

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